Intorno al mondo con Dicky - La necessità di dire le cose
RUBRICHE
a cura di Ricardo Preve
La necessità di dire le cose
La nota scrittrice iraniana Azar Nafisi, di cui abbiamo appena letto “Leggere Lolita a Teheran” si rifugiò negli Stati Uniti dopo aver perso il suo lavoro come professoressa di letteratura all’università di Teheran per via del suo rifiuto di indossare il velo; ebbe a dire in un’intervista di qualche anno fa: “Uno dei segnali grazie ai quali uno si sente a casa è….non sentirsi a casa, non essere compiacente. Solo quando cominci a criticare le cose, a fare domande, li ti rendi conto che ti senti a casa.”
Siamo in molti fra gli immigrati negli USA ad avere difficoltà, a volte, a criticare la società americana. Questo è il paese che, per molti di noi, rappresenta una seconda opportunità nella vita. Desideriamo sentirci parte di questa società, ed il silenzio è una strategia che segue ill ben noto detto: “non mordere la mano che ti dà da mangiare.”
Tuttavia le parole di Nafisi dovrebbero portarci a riflettere su cosa significhi essere parte di una società. Non è possibile vivere per sempre in uno stato di invisibilità. Come esseri umani abbiamo sentimenti, capacità di ragionamento e giungiamo a conclusioni in merito a tanti temi. E queste conclusioni formano ciò che siamo, la nostra essenza specifica. L’essere umano è un animale sociale: non ha alcuna utilità cacciar giù i nostri pensieri, e nasconderli nel nostro intimo. Deve arrivare il momento in cui, a buon diritto, proprio perché amiamo qualcosa, ci ritroviamo a criticarlo.
Come immigrante negli Stati Uniti, e parte di questa società ormai da più di quattro decenni, ho imparato che è bene essere cauti al principio della nostra permanenza in questo paese. Nessuno pensa che una persona appena arrivata possa essere qualificata per dare un parere: bisogna guadagnarsi questo diritto con molti anni di duro lavoro.
Ma arriva anche il momento in cui non è più possibile tacere di fronte ad un totale stravolgimento delle regole del gioco quale quello promosso dal Partito Repubblicano, con proposte di legge in 47 regioni (tali sono al momento della redazione di questo articolo – inizio Aprile 2021) che restringono l’accesso al voto.
Bisogna avere il coraggio di dire che qualcosa non va bene, anche quando le minacce, gli insulti, e le possibili rappresaglie sono le tristi ed inevitabili conseguenze dello scrivere verità che nuocciono a tanti. Io certamente le ho subite con editoriali che ho scritto nel passato (tra esse una mail anonima che mi informava che “Questo paese è stato costruito per e da uomini bianchi protestanti. Meglio che tu ti adatti.”).
Non posso in questo spazio analizzare tutte le conseguenze delle modifiche proposte dalle nuove leggi elettorali, e senz’altro sicuramente non sono la persona più titolata per giudicare. Vorrei però soffermarmi brevemente su una delle clausole della nuova legge elettorale di Georgia, recentemente promulgata con la firma del governatore repubblicano Brian Kemp.
Le 98 pagine di questa legge della Georgia rivelano il vero scopo della legislazione: limitare la possibilità di voto voto per quelle persone che vivono in zone urbane, nelle quali l’alta densità della popolazione si traduce in lunghe code ai seggi elettorali, o che abbiano meno opportunità di votare di persona durante la giornata elettorale. In particolare gli elettori di colore che spesso devono essere presenti fisicamente al lavoro, e che non possono permettersi di rimanere in coda per ore per poter esercitare il proprio diritto al voto: in altre parole lo zoccolo duro degli elettori democratici.
Ma quello che veramente indigna sono le parole dell’articolo 73 di questa legge, che dice testualmente: “Nessuna persona darà, o offrirà di dare, o parteciperà nel dare… da mangiare o da bere, a un elettore…”
Quindi… se sei parte di una comunità nella quale la macchina dello Stato ti condanna ad aspettare per ore prima che arrivi il tuo turno per votare, e hai la determinazione di resistere al caldo, al freddo, o alla pioggia per esercitare il tuo diritto di cittadino… beh non pretendere che un parente, un amico, o uno sconosciuto animato dai più benevolenti sentimenti di carità umana ti offra un bicchiere d’acqua. Perché questo, secondo la legge, in Georgia è un crimine… “E meglio che tu ti adatti!”
Certamente, gli Stati Uniti hanno elezioni molto più libere e trasparenti rispetto a quelle di altri paesi. Ma che le cose vadano meglio qui non vuol dire che dobbiamo tacere di fronte a questi tentativi di sovvertire la democrazia.
Tacere è essere complici e, come dice la professoressa Nafisi, per sentirci veramente parte di questa casa americana, dobbiamo fare domande e criticare tutto ciò che ci sembra non rispetti i diritti più elementari dell’individuo
2
recensioni
Giorgio
11 Apr 2021
Leggo sempre con grande attenzione i tuoi reportage che sono sempre acuti e puntuali.
Il desiderio di essere anche americano mi ha accompagnato per anni (e non mi ha ancora abbandonato). Forse anche per questo ho voluto che mia figlia facesse un anno di esperienza a quelle latitudini (anche se è atterrata in Wyoming che rappresenta certamente un’altra America rispetto a quella delle grandi metropoli). Le contraddizioni USA non dobbiamo vederle solo come un costante attentato ai diritti (che lì è spesso reale su diversi fronti) ma anche come un grande laboratorio permanente sull’evoluzione della Democrazia, delle opportunità e sfogo per la creatività.
Non è mai troppo tardi...
Il desiderio di essere anche americano mi ha accompagnato per anni (e non mi ha ancora abbandonato). Forse anche per questo ho voluto che mia figlia facesse un anno di esperienza a quelle latitudini (anche se è atterrata in Wyoming che rappresenta certamente un’altra America rispetto a quella delle grandi metropoli). Le contraddizioni USA non dobbiamo vederle solo come un costante attentato ai diritti (che lì è spesso reale su diversi fronti) ma anche come un grande laboratorio permanente sull’evoluzione della Democrazia, delle opportunità e sfogo per la creatività.
Non è mai troppo tardi...
Valeria
11 Apr 2021
Eh si, Dicky, hai proprio ragione: è necessario mantenere l'attenzione sempre viva e parlare quando è necessario farlo. Purtroppo mi sembra invece, ma parlo soprattutto dell'Italia, ad un uso attento dello spirito critico si va sostituendo una passiva assuefazione che certi populismo hanno cavalcato alla grande...
clicca sui titoli se vuoi leggere i servizi precedenti: