Dentro l'architettura - gli scompaginati

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Dentro l'architettura

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a cura di Valeria Lelli
TEOTIHUACAN


"Si dice che quando tutto era tenebra e non splendeva il sole e l'alba non si era mai levata, gli Dei si riunirono in consiglio a Teotihuacan. E si dissero l'un l'altro "Venite qui, o dei. Chi si assumerà il carico? Chi accetterà di essere il Sole e di portare la luce?"

Così la leggenda azteca raccontava del quinto Sole - cioè della quinta era storica dell'umanità - dopo che il primo era stato distrutto dai giaguari, il secondo dagli uragani, il terzo da una pioggia di fuoco, il quarto da un diluvio.

Teotihuacan, "il luogo dove nascono gli dei"

Furono proprio gli Aztechi - gli ultimi che popolarono questa immensa città, dopo cinque secoli di abbandono - a darle questo nome. E se ho scelto le parole della leggenda per iniziare a parlarvi di Teotihuacan è perché mito, divinità  e creature fantastiche mi sembrano assolutamente imprescindibili rispetto all'incontro con questo straordinario  sito architettonico.
Ne varcai le soglie, dopo aver incrociato all'alba il caotico traffico infrasettimanale che dalle periferie si riversava nella capitale messicana, un mattino d'agosto di 26 anni fa. Eravamo i primi ed i soli ad entrare, la luce era ancora calda e bassa, e del posto mi affascinarono da subito la sua scala immensa ed il senso di profondo mistero e antica sacralità che emanava dalle rovine.
Teotihuacan, prima del suo tracollo, era stata, coi suoi 200.000 abitanti, una metropoli ancor più vasta e popolosa - in quel momento - della stessa Roma. Fra le ragioni che ne avevano motivato la fondazione era stata, oltra alla felice posizione geografica  in una ampia valle,  la presenza di vaste miniere di ossidiana, prezioso vetro vulcanico che, prima della scoperta dei metalli, veniva utilizzato per la fabbricazione di utensili e lame. Cruciale poi, anche per il ruolo che avrebbe avuto nei secoli successivi, la presenza di grotte sacre al culto degli dei. Insomma, sicuramente la zona era già densamente abitata prima che venisse eretta, agli inizi dell’Era Cristiana, l’imponente Piramide del Sole, che portava a perfezionamento, nelle sue maestose dimensioni, la tecnica costruttiva che accostava i tableros, pannelli perpendicolari al terreno, spesso decorati da robuste cornici, ai taludes, ovvero i piani inclinati.

Situata esattamente al di sopra di una delle grotte che ho menzionato prima, essa venne orientata dai costruttori verso il punto dell’orizzonte in corrispondenza del quale il Sole tramonta nel giorno in cui raggiunge lo Zenit locale. Probabilmente un secolo più tardi, dalla sommità della piramide della Luna era possibile traguardare oltre il suo profilo, il Monte Patlachique: i Teotihuacani davano inizio con le due costruzioni ad un imponente piano urbanistico in cui la perfetta conoscenza dell’astronomia e il desiderio di integrare la città col paesaggio circostante avrebbero consacrato la nascente metropoli al ruolo di prstigiso e visitatissimo centro cerimoniale.

La città si sarebbe estesa il lungo viale dei Morti, secondo un fitto reticolato a scacchiera molto regolare che sembra abbia costituito una vera e propria rivoluzione urbanistica nella cultura Mesoamericana. Accanto ai quartieri residenziali, fittissimi e labirintici, sarebbero sorti laboratori specializzati, botteghe di artigianato, marcati all’aperto, edifici amministrativi, teatri, sferisteri; intricati sistemi di canalizzazione e grandi serbatoi d’acqua avrebbero garantito un adeguato sistema di infrastrutture. Sulle pareti degli edifici avrebbero preso vita, sontuosamente addobbate,  le divinità del Pantheon teotihuacano: Tlaloc, il dio della Pioggia; sua moglie, Chalchiutlicue; il vecchio dio del fuoco, Huehueteotl, con un braciere sulla testa; Quetxazlcoatl, il serpente piumato; e poi giaguari, coyote ed ogni specie di uccelli.  Nella città sarebbero stati dipinti pure i pavimenti delle vie, delle strade e delle piazze.



Tlaloc

Chalchiuhtlicue

Quetzalcoatl
Non è difficile immaginare il senso di meraviglia e di profonda venerazione che doveva cogliere visitatori e pellegrini, in viaggio da settimane per partecipare alle fastose cerimonie, nell’imboccare il solenne Viale dei Morti, o nel fare ingresso in quella che impropriamente viene oggi chiamata Ciudadela, un sacro recinto fiancheggiato da piattaforme coronate da templi.
In quel mondo, in cui la vita religiosa e quella civile erano così intrinsecamente connesse, i sovrani erano anche sacerdoti, considerati di origine divina: il loro ruolo era sottolineato dal fastoso e coloratissimo abbigliamento, fatto di tessuti raffinati, ricami, penne, copricapi zoomorfi.

Ed è così abbigliati che dobbiamo immaginarli ascendere lentamente alla sommità delle piramidi, in preparazione dei riti sacrificali, durante le celebrazioni che richiamavano in città migliaia di pellegrini anche da paesi molto lontani.
 
Tutto ciò oggi noi lo possiamo ricostruire solo grazie ai bassorilievi, agli affreschi, alle ceramiche e alle testimonianze fornite dalle altre arti minori e dai reperti archeologici: nessun documento scritto ci è pervenuto di questa civiltà.
E a infittire l’alone di mistero che la rende ancor più affascinante c’è anche la sua fine, probabilmente non improvvisa ma sicuramente non sufficientemente chiarita e motivata: forse una siccità indotta dalle mutate condizioni climatiche, forse dei dissidi interni, che determinarono incendi di alcune porzione della città, oppure, più probabilmente, l’apertura di nuove arterie di collegamento che le fece perdere il monopolio dell’ossidiana, sul cui commercio si basava tanta della ricchezza della città.
 
Come ho scritto in apertura, dopo 500 anni di abbandono questo splendido sito venne riportato in vita dagli Aztechi, che lo utilizzarono solo per i loro riti cerimoniali e per le sepolture: purtroppo però di lì a breve anche la loro civiltà, insieme a tutte le altre del Mesoamerica, sarebbe stata spazzata via dalle brutali incursioni dei conquistadores spagnoli.



Tikal (Guatemala)

Uxmal

Tulum
Vista aerea nella stessa scala del sito archeologico di Teotihuacan e gli Champs Elyseès di Parigi
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23
recensioni
Mario Tuttobene
05 Lug 2020
Cara Valeria, la lettura dei tuoi post è vieppiù allarmante per me: evidentemente io ho un lato oscuro che mi porta a detestare la buona architettura moderna. Io considero Berlino la città più triste del mondo, e Potsdamer Platz il luogo più triste di Berlino. Nei suoi aspetti migliori, mi sembra la riedizione della città distopica di Metropolis. Eppure ci sono tante cose moderne che mi piacciono da morire: dal Rockfeller Center (beh, in realtà non è così moderno) al World Trade Center (sia il vecchio che il nuovo); tutta la nuova Rotterdam (dobbiamo organizzare una gita di scompaginati lassù), tante cose sparse per l'Olanda, 2/3 del CityLife, la City di Londra, i cetrioli dovunque siano...
Patrizia Del Carretto
05 Lug 2020

Grazie Valeria sempre bravissima
Interessante visitare con te sempre nuovi posti
Questo articolo su Berlino mi è piaciuto particolarmente
Patrizia DC
Antonio Sibilla
21 Giu 2020
Come figlio di ..... osservo che, da vero figlio, quello che ha fatto il padre non mi interessa tanto. Anzi tendo a non considerarlo. Premesso questo se vado a vedere una parte di questo complesso abitativo rilevo che parla con dettagli e materiali che oggi sono ancora estremamente contemporanei. Potrebbe essere stato fatto oggi. Non mi sembra un'architettura invecchiata. Questo è un grande pregio.
Per chi non lo sapesse, tra i creativi di Genova, fa tendenza abitare al biscione. Preciso che i prezzi non sono così bassi come si potrebbe pensare. Sicuramente i nuovi abitanti trovano lì un senso di comunità che manca in altri insediamenti a basso costo dell'ambito urbano o periurbano della nostra città. Mi sembra di poter affermare che chi vi abita probabilmente è consapevole di stare in un manufatto discusso ma che comunque conserva una propria dignità oltre che qualità. Concordo con Giorgio che prima di esprimere giudizi è meglio formarsi il proprio. Andate a fare un giro da quelle parti...
Giovanna Cuneo
18 Giu 2020
Interessantissimo Valeria. Avevo sentito ad una conferenza che i progettisti si fidarono dei tecnici di una impresa di servizi, non ricordo se elettricità o altro, che andavano lassù da anni e che consigliarono un certo crinale. Alla conferenza fecero vedere un edificio del Biscione di Morozzo della Rocca molto bello e con i lati rifiniti.
giorgio martino
14 Giu 2020
(...) alcune scelte relative AI servizi comuni, (...)
Gli Scompaginati - circolo di lettura - via assarotti 39 - genova ITALY
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