Le vostre opinioni su OLIVE, AGAIN - Copia - gli scompaginati

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Le vostre opinioni su OLIVE, AGAIN - Copia

I LIBRI CHE ABBIAMO LETTO

Paola ce lo ha presentato così!


carissimi, vi propongo oggi una vera campionessa mondiale di resilienza, ovvero Olive Kitteridge, che torna nel sequel  "Olive again", naturalmente di Elizabeth Strout. Per quanto arrivata ad una fase critica dell'esistenza (tra i 70 ed i 90 anni!) la nostra Olive dimostra ancora una grinta ed un interesse nella vita, anche nei più deprimenti frangenti, da ammirare ed imitare assolutamente, soprattutto di questi tempi.....

Per invogliarvi alla lettura, via mando una bella ed esattissima recensione di Leonetta Bentivoglio, da Robinson:

 Elizabeth Strout vinse nel 2009 il Premio Pulitzer con Olive Kitteridge, originale intreccio di episodi distinti ma connessi dalla presenza unificante di una massiccia professoressa di matematica in pensione, Olive appunto. Col suo temperamento brusco e acuto, torvo ma generoso e perspicace, Olive osservava e sosteneva le sorti degli abitanti di Crosby, cittadina immaginaria del Maine: l’ambiente della piccola provincia americana, con i suoi incontri ravvicinati e la sua fosca rete di segreti, è lo sfondo prediletto dalla scrittrice. La quale venne investita dal successo di Olive Kitteridge dopo opere di sostanza come Amy e Isabelle e prima di titoli significativi come I ragazzi Burgess e Mi chiamo Lucy Barton. Però la sconveniente Olive, col suo borsone nero in spalla e il suo perenne brontolare, non ha mai smesso di pervadere la fama della Strout, nel senso che il carisma della romanziera statunitense è rimasto sempre legato alla propria corpulenta e dispettosa creatura, da cui nacque anche una serie televisiva interpretata da Frances McDormand. Con Olive, ancora lei, tradotto per Einaudi da Susanna Basso, la Strout rimette in gioco quell’ingombrante fantasma letterario. Progetto rischioso, che avrebbe potuto renderla un epigono di sé stessa. Invece il nuovo viaggio conferma la statura di un’autrice prodigiosamente esatta nell’indagine dell’umana complessità, e tanto scarna nella prosa quanto magistrale nel definire lo spessore dei personaggi, che in Olive, ancora lei determinano una fertile costellazione narrativa (chi conosce bene la Strout troverà in queste pagine una raffinatezza autoreferenziale: due fra i tasselli del quadro complessivo, Amica ed Esuli, riesumano figure di precedenti libri di Elizabeth, cioè Amy e Isabelle e I ragazzi Burgess). A prima vista Olive, ancora lei sembra una parabola sulla vecchiaia. In apparenza è così, dato che nell’affresco scandito da tredici storie autonome il filo rosso di un’Olive ormai logora e greve ci guida lungo un itinerario che dalla sua settantina approda quasi ai novant’anni. Un’inedia scaturita dall’appesantirsi del cammino accompagna la nostra signora. E i lettori, standole accanto, sentono che la sua fine è attigua come un alito invasivo. Nei medaglioni che ne scandiscono il raggiungimento, guardiamo Olive misurarsi con diversi aspetti della terza e quarta età: un amore senile, un secondo matrimonio ( con Jack, ex docente di Harvard), un’ulteriore vedovanza, un rapporto tortuoso e interrogativo col figlio Christopher, un sentimento di “ nonnità” di scarsissima evidenza ( è obbligatorio adorare i nipotini, benché orrendi?), l’umiliante decadenza del corpo e il moltiplicarsi dei rimpianti. Cose della vecchiaia, percorsa con affondi secchi e mai gratuiti nei dettagli. Eppure, in questo romanzo in forma di racconti, c’è assai di più della “ sola” anzianità. C’è il sole di febbraio, messaggero di rinascite, che permette a Olive emozionanti e soffuse condivisioni con l’amica Cindy, distrutta da un tumore ( Luce). C’è la disgustosa erezione del pene di un poliziotto che aggredisce Jack al volante della sua spider, e Jack registra quel visibile eccitarsi esploso nei pantaloni di una divisa come l’effetto di un potere virile aberrante ( L’arresto). C’è l’innocenza “ scorretta” della domestica Kayley, che consente al rimbambito Mr Ringrose di contemplarla mentre lei si tocca, e la ragazza intasca buste di dollari per il suo servizio senza rimorsi e anzi con tenerezza ( Pulizie). C’è Suzanne, devastata da sconvolgenti rivelazioni familiari, che non si perdona d’aver fatto sesso con il suo analista ( D’aiuto). C’è una sinuosa badante somala, avvolta in veli esotici da farfalla ( in molti si trasferirono dall’Africa profonda nello Stato bianchissimo e razzista del Maine), che odia il Presidente « con la chioma arancione» e spiega ad Olive, altrettanto anti- trumpiana, che nella sua cultura sarebbe impossibile segregare e isolare i vecchi, come fanno i ricchi occidentali (qual è dunque il vero significato della parola progresso?). Ci sono il disagio dell’abbandono che prova un’anziana ( Poeta) e i palpiti di una decrepita infartuata che si è presa una cotta per il suo giovane medico ( Cuore). C’è Olive, incarcerata nel suo ultimo atto (il figlio la spedisce in casa di riposo), che esige una macchina da scrivere per ripassare il proprio mondo. Ci sono sempre segni forti della vita, nelle avventure minuscole e grandiose della Strout. La morte l’avrà vinta su di noi, sembra suggerirci Olive, ma la bellezza del narrare è un atto di straordinaria resistenza


Al netto delle mie (ormai fossilizzate) discontinuità/difficoltà di lettura, questo libro non mi è parso all'altezza del precedente. La sua struttura (cioè l'espediente di far emergere un personaggio anche attraverso episodi che riguardano altri soggetti) mi è sembrata qui più scontata e meno felice. Alcuni episodi poi (o forse uno solo) mi sono parsi del tutto deludenti. Olive è solo  (ma forse sono un po' ingenerosa) l'evoluzione di se stessa, ma non è riuscita a raccontarmi nulla di nuovo. 

Ahimè devo ammettere che delle tre Olive che ho incontrato - le due dei libri e quella magistralmente interpretata nella miniserie televisiva da Frances Louise McDormand - forse è proprio quest'ultima quella che emerge con maggior vigore, il che, non lo escludo, ha tarpato al mio sguardo ogni possibilità di autoaffermazione della Olive ormai ottantenne di cui la Strout voleva raccontarci...

Resta comunque, davvero godibilissima e piacevolmente familiare, la bella scrittura dell'autrice.

Tre stellette! (di lato non riesco a farle funzionare :()

Valeria 

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