Intorno al mondo con Dicky - Il mar Ligure ai tempi del Covid
RUBRICHE
a cura di Ricardo Preve
Il Mar Ligure ai tempi del COVID
Tutti
sappiamo dell’importanza che il mare ha sempre avuto, e ha ancora, per la
nostra Genova. Affacciata sul mare e circondata da ripide montagne, la città e
i suoi abitanti hanno sempre avuto un forte collegamento con il Mediterraneo.
Da
antichi tempi il mar Ligure è stato fonte di collegamenti culturali e
commerciali con altri popoli, di risorse economiche come la pesca e il corallo,
e di ispirazione per poeti e musici.
E’
inevitabile allora chiedersi che impatto il Covid-19 abbia avuto sulle nostre
risorse marittime, e in particolare sulla salute degli ecosistemi biologici che
permettono la sopravvivenza della flora e fauna marina.
Sono
fortunato di poter essere in mare quasi giornalmente, come probabilmente
facevano i miei antenati liguri. Quando, munito della macchina fotografica,
faccio un’immersione e scendo verso le profondità lungo gli scogli dell’Area
Marina Protetta Portofino, mi chiedo spesso se in un certo modo l’epidemia
Covid-19 non abbia aiutato a proteggere questo ecosistema, anche se solo
temporaneamente, rispetto ad uno sfruttamento che stava raggiungendo i limiti
della sostenibilità.
Sono
cosciente che il virus ha portato molte morti, e grandi sofferenze al popolo
italiano, e scrivo queste righe con profondo rispetto verso i morti dalla
pandemia, quelli che sono malati, e il personale di salute che lotta
continuamente contro la malattia.
Ma
ci sono indizi che la sospensione delle attività umane durante il “lockdown”
sia stato favorevole per i nostri ecosistemi marini.
Qualsiasi
persona che si immerge regolarmente nel Mediterraneo, e particolarmente in
Italia, sa che l’influenza degli umani sul nostro mare ha avuto effetti
devastanti. In grandi estensioni nel nostro mare non si trovano quasi più
pesci, ed io ho personalmente osservato come anche in zone ritenute “belle” o
preservate, me che non sono ufficialmente protette con la designazione di Area
Marina Protetta (AMP), quali ad esempio Capri o Pantelleria, ci sono pochissimi
pesci, con una biodiversità e biomassa ridotta (pochi organismi per metro
quadrato di fondale, e assenza di esemplari adulti di molte specie).
È interessante osservare come in queste zone non protette, i pochi pesci che si trovano fuggono appena individuano in acqua la presenza degli umani. Facendo immersioni a Pantelleria per esempio (che si è portati a pensare sia una zona di ricca diversità e abbondanza ittica), le poche piccole cernie che si vedono non si lasciano avvicinare: bisogna nascondersi dietro una roccia, o nelle praterie di Posidonie, per riuscire a vederne qualcuna.
Invece, alla AMP Portofino si nota la differenza. Grosse cernie si pavoneggiano accanto a noi sub, a volta e persino quasi possibile toccarle. Ho una amica sub che chiamiamo “la ragazza dei barracuda”, perché spesso si avvicina ai banchi di barracuda ed estende una mano sino a grattargli la pancia…
Credo che si possa quindi dire aldilà di ogni dubbio che le attività umane hanno un forte impatto negativo sugli ecosistemi marini.
Ma allora il Covid, che impatto ha avuto sul Mare Ligure?
Esiste
un corpus di evidenze circostanziali, e aneddoti verbali che indicano che
durante i mesi del “lockdown” di questo anno, gli ecosistemi marittimi
si sono fortemente beneficiati dalla assenza di attività umane. Non ho ancora
trovato uno studio scientifico che confermi in forma definitiva queste
impressioni, ma qualche indizio è già reperibile.
Cito
per esempio dal portale di notizie online “il Nuovo Terraglio” che con data del
20 luglio di questo anno pubblica un articolo intitolato “Il Mar Mediterraneo
al Tempo del Coronavirus”. L’articolo dice che “...un team di 60 sub –
costituito da Carabinieri, della guardia costiera, della polizia e della Onlus
Marevivo – si è immerso in trenta località da Trieste a Messina, da Portofino a
Polignano a Mare, per collezionare video, audio e altri materiali utili alla
ricerca”.
Secondo
l’articolo “...Dalle testimonianze è emerso come in quel periodo tutti gli
animali marini riprendevano possesso del loro habitat. Delfini e squali hanno
visitato i porti e si sono avvicinati alle coste, indisturbati dalla presenza
dell’uomo. Meno diffidenti del solito, i pesci e gli altri abitanti marini si
sono avvicinati ai sub e agli strumenti che ne hanno registrato le “voci” in un
silenzio mai udito prima”.
Tuttavia
“tre mesi non sono bastati per poter notare dei cambiamenti visibili in
profondità”, hanno dichiarato i coordinatori scientifici della ricerca. “Purtroppo
nelle immagini registrate abbiamo notato ancora un grande impatto delle
attività umane, con rifiuti di ogni genere: reti, resti di plastica utilizzate
nella mitilicoltura, batterie, pneumatici e anche mascherine e guanti,
conseguenze del Covid-19”.
L’articolo
conclude che “Alla luce di questo, dovremmo sentirci tutti più stimolati a
tenere alta l’attenzione sulla salute dei nostri mari”.
Credo
che questa conclusione sia quella più intelligente: il Covid ci ha dato una
opportunità per intravvedere come potrebbero essere i nostri mari se ne teniamo
cura, ma non è bastato per cambiare il destino finale del nostro ecosistema
mondiale.
Pensiamo
allora a continuare a rispettare e tutelare gli oceani per il bene di future
generazioni.
Adesso
vi lascio però… è ora di farmi una immersione!
clicca sulle miniature per vedere tutte le foto
0
recensioni